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Casa d’altri è il racconto lungo per cui è per lo più conosciuto Silvio D’Arzo. Rimasto sul tavolo dell’autore alla sua morte, subì infelici interventi da parte del curatore testamentario, per cui è risultato fondamentale il recupero del testo originale approntato nell’edizione critico-genetica di Stefano Costanzi, che qui si pubblica finalmente in volume a sé. L’ultimo racconto portato a termine da Silvio D’Arzo è anche il primo ascrivibile appieno alla sua maturità letteraria, con esiti assai maggiori rispetto agli altri suoi. Questo testo, che le successive rimanipolazioni di D’Arzo hanno sempre più ridotto, asciugato, levigato, è l’emblema della sua reticenza e rappresenta in maniera misteriosa e potente l’intima natura e l’essenza di questo scrittore. Della voce narrante di Casa d’altri il lettore non sa quasi nulla, se non che è un prete con un corpaccione da Falstaff intorno alla sessantina. E la vecchia lavandaia Zelinda, che fa una vita simile a quella della sua capra, tace e di lei non si scorge nemmeno l’espressione del viso fin quasi alla fine del racconto, quando si decide a domandare al prete «se in qualche caso speciale, tutto diverso dagli altri, senza fare dispetto a nessuno, qualcuno potesse avere il permesso di finire un po’ prima». Intorno al dramma di questo interrogativo, ai silenzi e alle reticenze dei due personaggi, D’Arzo costruisce una poetica e inquietante metafora della solitudine e dell’inappartenenza di ciascun essere umano, destinato, in un modo o nell’altro, a vivere in «casa d’altri».
Silvio D’Arzo, uno dei molti pseudonimi scelti da Ezio Comparoni (nato nel 1920 e morto nel 1952 a Reggio Emilia) deriva dall’aggettivo arzan che in dialetto significa appunto reggiano. E dalla provincia emiliana, infatti, il giovane scrittore non si spostò mai, se non brevemente per studiare all’università di Bologna e per fare il militare. Quindicenne pubblicò a sue spese una plaquette di diciassette poesie, Luci e penombre, e una raccolta di sette racconti, Maschere, cui seguirono, nel corso degli anni Quaranta, altri racconti e saggi letterari apparsi su alcune delle riviste più importanti del tempo. La maggior parte delle sue pagine rimase inedita fino dopo la morte. Questo romanzo, quello per cui D’Arzo è per lo più conosciuto, uscì postumo nel 1952 sulla rivista «Botteghe oscure» e in volume l’anno seguente presso Sansoni; ora è riproposto nel catalogo di questa casa editrice, così come Contea inglese. Autoritratto dello scrittore da lettore e Il pinguino senza frac (con le illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini – premio The White Ravens 2016).
anno: 2013
pagine: 96
formato: 14×21 cm
ISBN: 978-88-98420-03-2