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Martin Adler è un giovane americano, figlio di immigrati ebrei ungheresi; poco più che ventenne decide di arruolarsi e partire per combattere il nazifascismo in Europa. Prova sulla propria pelle l’odio razziale da parte di alcuni commilitoni, ma non demorde e nel 1944 sbarca alle pendici del Vesuvio. Diventa parte della compagnia D del 339° reggimento, una squadra da combattimento con armamento pesante: mortai, cannoni e mitragliatrici. Avanzando verso nord, dapprima sulla linea Gustav e poi sulla linea Gotica, diventa un cecchino, perdendo la propria innocenza.
Martin, tuttavia, esorcizza l’orrore della guerra scattando centinaia di fotografie e disegnando cartoline, che spedisce alla famiglia in America.
Nei pressi di Monterenzio, nel bolognese, si fa ritrarre in uno scatto che, alcuni decenni dopo, ha fatto il giro del mondo: il soldato è insieme a tre bambini, che la madre aveva nascosto in una cesta di vimini, per proteggerli dai tedeschi. Quell’incontro rimane impresso in modo indelebile nei suoi ricordi e, grazie a un appello lanciato sui social network, Martin Adler riesce a realizzare il desiderio di ritrovarli. Sarebbe, però, un errore pensare che la sua storia, durante la campagna d’Italia, sia tutta qui. Martin è un uomo che ha cercato la leggerezza anche nelle situazioni più drammatiche, regalando sorrisi e “cioccolata” da Napoli al Trentino, realizzando persino un vino “da trincea”. Una volta rientrato in America, ha lottato appassionatamente per i diritti dei più fragili. «Sono felice, di non aver premuto il grilletto quel giorno di ottobre del 1944 nella valle dell’Idice sull’Appennino bolognese. Invece di uccidere, scattai una fotografia e ora mi accorgo che non solo salvai tre bambini, ma tutte le persone che sono nate grazie a quel gesto. Nate proprio da Giuliana, Mafalda, Bruno, diventati madri, padri, nonni e bisnonni. Come me. Ecco l’importanza generazionale di un piccolo gesto di vita […] Per tutta la vita, nel mio piccolo ho cercato di trasmettere quello che questi volti sconosciuti, immortalati tante volte dalla mia 35 millimetri, proprio come quelli di Bruno, Mafalda e Giuliana, mi hanno insegnato. Dona, senza chiedere nulla in cambio e riceverai vero amore.»
In fondo alla stanza i due intravvidero un enorme cesta di vimini. Era grande come un letto, tanto da poter ospitare il riposo di un adulto. Era leggermente socchiusa. Martin Adler notò alcuni movimenti. Lo stesso fece Bronsky. Entrambi, levata la sicura ai loro mitragliatori, avevano il dito indice della mano destra pronto a premere il grilletto. Da quella cesta provenivano sospiri che sembravano quelli di un uomo. “Se fosse un cecchino tedesco?” pensò Martin. Un solo piccolo movimento di due dita separava la quiete dal frastuono, la pace dalla guerra, la vita dalla morte. I due soldati americani erano pronti a far fuoco. Non si sarebbero lasciati cogliere di sorpresa da un nemico nascosto in quella cesta e pronto anche lui a uccidere. Sette mesi di fronte, avevano ormai insegnato a quei due ragazzi che esitare era solo un buon viatico per finire sotto mezzo metro di terra. All’improvviso l’urlo di una donna spezzò il silenzio. Proveniva da una stanza accanto. Si avvicinò rapidamente ai due soldati: «Bambini! Bambini!».
Matteo Incerti (Reggio Emilia, 1971-2022), giornalista, dal 2013 è stato addetto stampa in Parlamento per il gruppo del Movimento 5 Stelle. Ha collaborato con «Il Fatto Quotidiano», «Radio Bruno», la rivista Valori.it, «Il Resto del Carlino» e «Il Gazzettino», per il quale è stato corrispondente free lance per l’area Paesi Bassi, Belgio, Scandinavia tra il 1996 e il 2001. Il Bracciale di Sterline scritto con Valentina Ruozi (2011) è il suo primo romanzo storico, ora riproposto in versione aggiornata da corsiero editore, a cui sono seguiti Si accende il buio con Johannes Lubeck, Il paradiso dei folli, Il suonatore matto ripresentato nel 2020 da corsiero editore. Con corsiero ha pubblicato anche I pellerossa che liberarono l’Italia (2020).
anno: 2021
pagine: 180
formato: 14x21cm
ISBN: 978-88-32116-73-1