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L’ispirazione è nata dalla visita al monastero delle Clarisse di Oristano. Subito ho pensato di attribuire quest’opera a suor Giovanna de Castro (nome ovviamente inventato) perché sentivo che non poche poesie avevano un’aura ‘ispanica’ per drammaticità e irruenza figurale (senza contare una mia lontana ascendenza spagnola da parte di madre…). Con un certo arbitrio suor Giovanna de Castro riassume nella propria voce “solista” la “polifonia”’ delle “sorelle” al fine di momenti e situazioni in cui confliggono un ardente, per non dire ossessivo e forse patologico, amore per Cristo e lacci (tagliuole, se non ricordo male, ha scritto in una poesia Góngora) terreni. Di qui, oltre a qualche pausa contemplativa o tregua dell’animo, i chiaroscuri, i contrasti, le lacerazioni, le ambiguità, le fissazioni, gli abbandoni, i ricordi. L’aspirazione all’Assoluto urta contro la realtà materiale del Corpo, e la volontà del Corpo contagia a sua volta ogni puro desiderio di ascesa, donde, sovente, un moto eroticamente mistico (o misticamente erotico) e, sia pure in minor misura, una proiezione amorosa verso figure “altre” (per tacere, sul piano formale, di “suggestioni” che vanno da Michelangelo poeta a Bernini, da John Donne a Ines de la Cruz a Retabli eccetera).
(Ludovico Parenti)
anno: 2020
pagine: 118
formato: 12,5×16,5 cm
ISBN: 978-88-32116-05-2